La conosciamo tutti quella sensazione di mal di pancia prima di un evento importante, che sia un esame, una visita medica, un colloquio di lavoro, oppure un incontro romantico. L’ansia ci parla attraverso questo sintomo fisico e c’è una disciplina che studia l’influenza delle emozioni sul nostro corpo. Si chiama psicosomatica.
La psicosomatica è una branca della psicologia clinica volta a ricercare la connessione tra un disturbo somatico (anche generico) e la sua eziologia sempre di natura psicologica.
Con parole povere, la psicosomatica spiega i collegamenti tra organi ed emozioni.
La somatizzazione, quindi, è un fenomeno per cui una persona sperimenta un livello variabile di sofferenza psichica attraverso sintomi fisici.
In ognuno di noi i disagi psicologici si manifestano con sintomi fisici diversi: dal mal di pancia, all’emicrania, al prurito, alla nevralgia ecc.
E, siccome, il cervello e l’intestino sono in stretta correlazione tra loro (tanto che i nervi che ne controllano il funzionamento sono definiti rispettivamente il grande cervello e il piccolo cervello), la maggior parte di noi somatizza attraverso l’apparato digerente.
In questo caso, il nostro organo digerente – lo stomaco, si comporta come se dovesse veramente digerire tutto, non solo il cibo, ma anche i sentimenti di rabbia, colpa, umiliazione, invidia, delusione ecc.
Chi soffre di stomaco e mal di pancia di solito non esprime i suoi sentimenti negativi, ma li trattiene dentro inducendo malesseri come bruciore di stomaco, ulcera, gastrite, nausea, vomito, diarrea o costipazione (stipsi/stitichezza) ecc. Spesso questi sentimenti vengono proiettati anche sul cibo, che provoca altro malessere: intossicazione, indigestione, allergie, intolleranze alimentari.
Il nostro “nutrimento” quotidiano – cibo, emozioni, affetti – viene accettato (riconosciuto) oppure rifiutato (rinnegato) dalla nostra pancia.
Chi soffre di stomaco molto spesso fa fatica ad accettare certe emozioni o situazioni. Essendo incapace di comprendere quello che il suo inconscio gli sta comunicando attraverso dei sintomi fisici.
Chi li avverte pensa che sono causati dal cibo e comincia a privarsi degli alimenti che reputa di non poter digerire. La frase stessa “questa cosa non la digerisco” oppure “non mi va né su e né giù” rappresenta un blocco emotivo/affettivo che si ripercuote sull’apparato digerente.
Rappresenta la nostra capacità di accogliere. Le esofagiti sono un indice che, per noi è difficile accettare, anche sé stessi o ciò che la vita ci offre. Oppure non riusciamo a digerire e nemmeno ad espellere una situazione, che non va né su né giù, che non si sblocca e che rimane sul gozzo.
Si tratta di autosvalutazione. Pensiamo che i nostri sforzi non vengano notati e ciò fa soffrire la nostra autostima. Spesso si ha l’impressione che chi ci è vicino ha molta più capacità e talento, può essere un fratello o un amico.
Simboleggia la capacità di accettazione. I problemi di stomaco riguardano situazioni che non sono state digerite (indigestione) di idee alimenti o situazioni che rifiutiamo (vomito) situazioni che troviamo ingiuste che fanno male (dolori) o che ci mandano in collera (bruciori, gastrite), una grossa preoccupazione o una ingiustizia, o anche una colpa commessa che rimane sullo stomaco, che non si scioglie e che scava l’ulcera.
E’ un organo estremamente elaborato e polivalente. È il filtro per eccellenza. I problemi epatici indicano che ci è difficile «digerire» qualcosa nella nostra vita, ma con una sfumatura più sottile rispetto allo stomaco.
L’emozione principale associata al fegato è la collera ed i suoi sintomi come l’epatite le transaminasi a livello di conflitto psicologico, quando reagiamo alle sollecitazioni della vita con eccessi di collera.
Regolando i nostri problemi con il mondo esterno urlando, e con grandi collere, mobilitiamo tutta l’energia del fegato in quella direzione, privandolo così di buona parte dell’energia necessaria al suo funzionamento (oppure all’estremo opposto, collera repressa o trattenuta sistematicamente all’interno).
Funziona in stretto contatto con il fegato. La formazione dei calcoli alla cistifellea proviene generalmente da giudizi severi o rancore su noi stessi, su chi ci sta intorno o sulla vita. Quali pensieri nutro per me stesso, le persone che mi circondano e la vita? Sono pensieri duri? Provo rancore?
Controlla il livello di zuccheri presenti nel sangue. Le sue disfunzioni indicano che abbiamo la tendenza a trascorrere la vita in modo troppo prudente lasciando poco spazio al piacere e alla gioia così alla vita manca la dolcezza di cui abbiamo bisogno.
Il diabete (iperglicemia) ci parla della difficoltà ad ottenere dolcezza nella vita. Succede soprattutto a chi ha avuto un padre eccessivamente severo, così si rifugia nel cibo (simbolo della madre), oppure dopo uno shock psicologico intenso come la perdita di qualcuno ecc.
L’ipoglicemia in genere si ha in presenza di madri fredde e autoritarie e si cresce con la convinzione di non aver diritto alla dolcezza nella vita. La mancanza di rifugio materno produce un rapporto con il cibo negativo e a volte può condurre all’anoressia.
Svolge il ruolo di netturbino, di evacuatore. Contribuisce alla buona “respirazione” del corpo, esso in campo energetico è complementare al polmone.
I problemi all’intestino crasso ci parlano del nostro “trattenere” le cose e persone, il nostro non lasciar o lasciarci andare, della paura di fallire, di sbagliare ma anche dell’eccessiva timidezza e riservatezza, del rifiuto di allentare la presa sugli altri manifestandosi con stipsi, emorroidi, flatulenza, gonfiore ecc.
I mali dell’intestino tenue sono: diarrea, dissenteria, enterite, enterocolite, malattia di Cronh, infezioni, ecc..
Più i rifiuti sono liquidi, brucianti, acidi, sfuggenti, più siamo incapaci di assimilare tutto, abbiamo difficoltà ad accettare ciò che avviene nel mondo esterno. Le situazioni, le emozioni, le esperienze ci turbano e non le vogliamo dentro di noi.
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