Nuove cure per il diabete tipo 2: come prevenire le malattie cardiovascolari

Nuove cure per il diabete tipo 2: come prevenire le malattie cardiovascolari
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Ora è certo che il tipo 2 ha uno stretto legame con le malattie cardiovascolari e le nuove cure per il diabete tipo 2 agiscono su questo fronte.

Vediamo allora quali sono queste novità che aiutano a prevenire le malattie cardiovascolari.

In Italia sono 5 milioni le persone che soffrono di diabete. La maggior parte dei malati (65%) ha più di 65 anni e uno su quattro è over 80. Anche per questo motivo, è aumentata la percentuale di diabetici che hanno già subito un evento cardiovascolare serio, come infarto o ictus.

Chi soffre di diabete di tipo 2, inoltre, convive molto spesso con altre malattie, come ipertensione, colesterolo e trigliceridi alti. Ecco perché, all’ultimo congresso europeo sulla malattia, sono stati presentati studi su nuove cure che puntano a proteggere il cuore e i vasi sanguigni. Ma non solo.

Diabete – le due forme della malattia

diabete glicemia

Il diabete di tipo 1

È detto “giovanile” perché si manifesta già nell’infanzia o nell’adolescenza. È provocato da un’anomalia del sistema di difesa dell’organismo, che attacca le cellule beta del pancreas, produttrici dell’insulina. Quest’ormone è fondamentale per il metabolismo degli zuccheri: i malati, quindi, devono iniettarsi insulina quotidianamente e per tutta la vita, per evitare l’eccesso di zucchero nel sangue.

Il diabete di tipo 2

È caratterizzato dalla insulino-resistenza: le cellule dell’organismo non riescono più a utilizzare l’insulina prodotta dal pancreas per metabolizzare il glucosio che, rimanendo nel circolo del sangue, provoca progressivamente il danneggiamento dei vasi sanguigni e degli organi irrorati. Ne risente tutto l’apparato circolatorio, compreso il cuore.

Questo è il tipo di diabete più diffuso (oltre il 90% dei casi). Compare generalmente dopo i 40 anni in chi è predisposto, ma dipende molto dallo stile di vita. Viene, infatti, favorito dalla sedentarietà, dieta ipercalorica e cattiva qualità del sonno.

Tra il diabete di tipo 2 (T2D) e malattie cardiovascolari c’è un legame strettissimo. L’insulino-resistenza, secondo gli esperti, è un fattore di rischio elevato per le malattie del cuore e per tutti i tipi di tumore.

Per chi soffre di diabete di tipo 2 vale “la regola del due”: la probabilità di ammalarsi di una malattia cardiocircolatoria o di tumore raddoppia. Infatti, gli alti livelli di glucosio danneggiano l’endotelio, lo strato di cellule che riveste la parete interna dei vasi sanguigni, rendendola fragile.

Nelle arterie più grosse questa fragilità causa l’aterosclerosi (infiammazione cronica dei vasi), che apre le porte, poi, a ictus e infarto, tanto che nelle persone con diabete di tipo 2 la mortalità per questi eventi raggiunge il 50%.

L’insulino-resistenza fa raddoppiare le possibilità di soffrire di problemi di cuore.

Cosa viene fatto per proteggere il cuore? – Le nuove cure per il diabete di tipo 2

le nuove cure per il diabete di tipo 2

Sviluppare cure che tengano sotto controllo la glicemia e che siano anche protettive per cuore e arterie è l’imperativo emerso al 53esimo congresso dell’European association for the study of diabetes.

Gli studi clinici, dunque, mirano a verificare che i farmaci per il diabete di tipo 2 non siano dannosi per il cuore.

Oggi, poi, si punta a creare cure personalizzate per ogni malato.

Lo studio Devote (studio sull’insulina)

Al congresso sono stati presentati i risultati dello studio Devote, pubblicato sulla rivista “Diabetologia”, che ha analizzato il profilo di sicurezza cardiovascolare dell’insulina deglutec rispetto a quella glargine 100U.

Sono state seguite per due anni oltre 7500 persone con diabete di tipo 2, ad alto rischio o già soggette a malattie cardiovascolari e già in cura per questi problemi. È stata rilevata una riduzione del 40% dei tassi di ipoglicemia grave e del 53% di ipoglicemie notturne con l’insulina deglutec rispetto all’insulina glargine.

Poiché c’è una correlazione tra ipoglicemie gravi e mortalità cardiovascolare, lo studio dà indicazioni importanti per il profilo di sicurezza delle cure.

Lo studio Tandem (studio sugli inibitori)

L’inibitore dell’Sglt-2 riduce il glucosio nel sangue, aumentandone l’eliminazione con l’urina: ciò evita il riassorbimento dello zucchero nei tubuli renali, favorendone così l’eliminazione dall’organismo. L’inibitore dell’Sglt-1, invece, agisce limitando molto l’assorbimento nell’intestino.

Lo studio Tandem, presentato a Lisbona, ha preso in esame l’impegno di tutte e due gli inibitori simultaneamente, con risultati che la comunità di diabetologi non esita a definire “formidabili”.

Quanto alla sicurezza per il cuore, l’Sglt-2 ha un meccanismo di azione che non va a intaccare le funzionalità cardiocircolatorie: anzi, è stato dimostrato che abbassa il rischio di problemi con una percentuale superiore a quella dei farmaci contro ipertensione e colesterolo cattivo.

Gli inibitori Sglt-2, quindi, oltre a controllare la glicemia, proteggono reni e cuore. Infatti, si sono dimostrati in grado di migliorare rapidamente la condizione delle arterie, sia della circolazione generale, sia di quella renale, ripristinando una normale funzione delle pareti interne dei vasi e riducendo lo stress ossidativo.

Lo studio Leader (studio sull’ormone)

Il Glp-1 è un ormone che potenzia la produzione di insulina del pancreas. Gli analoghi si iniettano sottocute, sulle cosce, con un’apposita “penna”. Lo studio Leader ha dimostrato che somministrazione di principi analoghi del Glp-1 ha diminuito del 15% il rischio di malattie cardiovascolari nei malati di diabete.

Dunque, non solo evitano pericoli per il cuore, ma hanno anche un’azione protettiva e, perciò, sono particolarmente indicati per chi soffre di problemi cardiaci o ha già avuto un infarto. Inoltre, sono un’alternativa per i malati che non tollerano la cura con la metformina, il farmaco principale contro il diabete.

Studi sulla prevenzione

La vitamina D

Uno studio italiano, presentato a Lisbona, ha messo in luce che un’integrazione di vitamina D (attraverso il calcidolo, una molecola che si scioglie in acqua), migliora sia la funzionalità delle cellule beta del pancreas (quelle che producono l’insulina) sia l’insulino-resistenza.

La vitamina D è un ormone che viene in parte assunto attraverso la dieta e in parte prodotto dall’organismo grazie all’azione dei raggi ultravioletti del sole. È stato osservato che i bassi livelli di vitamina D sono associati a una glicemia alterata a digiuno e a ridotta tolleranza al glucosio.

Sono ancora da valutare le modalità di impiego di vitamina D per prevenire il diabete di tipo 2: lo studio, però apre la strada a una maggiore comprensione dei suoi effetti sul metabolismo del glucosio e potrebbe consentire di sviluppare nuove cure per la prevenzione della malattia.

Contrastare l’infiammazione

Una ricerca, sempre italiana, presentata al congresso ha valutato la relazione tra l’insulino-resistenza e i livelli nel sangue dell’interleuchina-1 beta, una molecola coinvolta nell’infiammazione associata all’obesità.

Nel fegato, nel pancreas e, soprattutto, nel tessuto adiposo viscerale, alcune cellule del sistema immunitario producono e rilasciano sostanze che provocano l’infiammazione.

Il risultato ha evidenziato che minori sono i livelli di interleuchina-1 beta, maggiore è la sensibilità dei tessuti periferici all’azione dell’insulina. In pratica, le cellule riescono a usare meglio quest’ormone quando ci sono poche molecole infiammatorie in circolo.

Anche questa informazione è importante: la comprensione dei meccanismi con cui agiscono i fattori infiammatori è un’altra possibilità per sviluppare strategie di cura mirate nella prevenzione e nel trattamento di diabete di tipo 2.  

Caffè e tè per le donne

Una ricerca danese mostra come il caffè abbia effetti positivi e protettivi contro il diabete grazie al cafestolo – una sostanza che stimola l’insulina e sembra ridurre il rischio di sviluppare la malattia.

Bere una tazzina al giorno di queste bevande riduce il rischio di mortalità nelle donne diabetiche del 51% rispetto a chi non ne beve affatto. La percentuale sale a 66% con due caffè. È quanto emerge da uno studio condotto su 3 mila persone di entrambi i sessi, seguite per 11 anni.

La caffeina sembra avere un ruolo protettivo per le donne con diabete di tipo 2: in chi consuma caffè, l’effetto benefico della sostanza viene esercitato sull’apparato cardiovascolare, evitando la comparsa di malattie correlate. Addirittura, si è visto che nelle donne che bevono prevalentemente tè il rischio di mortalità per tumore si è ridotto dell’80%.

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